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IL MOSAICO DI ORFEO

 

Il mosaico d’Orfeo, più noto come mosaico di S.Elisabetta, è senza dubbio il monumento più  rappresentativo della Perugia romana. Venne scoperto casualmente  nell’autunno del 1875 durante alcuni lavori di ripristino della cinta dell’orto parrocchiale di S. Elisabetta (la piccola chiesa da cui il mosaico prende nome) e subito suscitò l’interesse di molti eruditi locali (tra i quali il Guardabassi, il Conestabile  e il Rossi Scotti) tanto che, grazie anche alla partecipazione volontaria di semplici appassionati, si formò la “Società degli Scavi presso la Chiesa di S.Elisabetta” che condusse i lavori fino allo scoprimento di una grossa struttura che il Guardabassi non esitò a riconoscere come “terma romana”.

Il pavimento a mosaico venne alla luce ad una profondità di circa 7 m., unitamente a colonne di marmo africano e a frammenti architettonici di vario tipo, e fin dal momento della scoperta presentava ampie zone lacunose, alcune delle quali risarcite già in antico mediante l’inserzione di crustae marmoree e di lastre iscritte reimpiegate (come la CIL XI, 1940).

La superficie musiva, di notevoli dimensioni (misura complessivamente 110 m2), è realizzata con tessere bianche (utilizzate per rendere lo sfondo) e nere (per le figure) con un trama piuttosto regolare e raffigura il mito di Orfeo che incanta le fiere al suono della lira; la scena è incorniciata da una grande balza a fasce nere e bianche che percorre l’intero perimetro del mosaico. Orfeo, nudo e con i cappelli all’indietro, è posto al centro della rappresentazione, spostato verso l’alto e seduto su una roccia, intento a suonare il magico strumento dal quale sono attratti una quarantina di animali disposti, senza un ordine logico, su cinque file orizzontali e parallele.

Le prime indagini, oltre ad una grossa porzione del mosaico stesso, misero in luce nella stessa zona anche tutta una serie di strutture definite “medioevali” che poggiavano direttamente sul piano del pavimento, purtroppo asportate in gra parte per permettere una completa lettura del mosaico stesso e da mettere, verosimilmente, in connessione con altre strutture, definite sempre medievali, venute alla luce durante scavi successivi e consistenti in un’abside, in un arco e un piedritto collocati ai margini della rappresentazione.

La presenza dell’abside, unitamente al ritrovamento di alcune iscrizioni cristiane e di simboli cruciformi presenti sulla superficie, messi in luce da recenti restauri, potrebbero far pensare ad un riutilizzo dell’edificio termale in epoca cristiana come luogo di culto; tale trasformazione potrebbe essere stata facilitata dalla presenza del mito d’Orfeo il cui significato e la cui valenza simbolica è particolarmente sentita nei primi secoli del cristianesimo, che lo ha spesso assimilato alla stessa figura del Cristo.

Gli ultimi scavi condotti nel 1964 dalla Soprintendenza Archeologica contestualmente al progetto che prevedeva il recupero dell’area della Conca per essere adibita a sede di strutture universitarie, oltre a scoprire l’intera superficie del mosaico, misero in luce tratti di un pavimento in cocciopesto e  un frammento di un sarcofago strigilato.

Tipologicamente, l’esemplare perugino si inserisce in quella classe di mosaici abbastanza conosciuta nel mondo romano e attestata soprattutto nelle provincie del Mediterraneo  (Africa, Italia, Spagna, Gallia Narbonese e Grecia), raffiguranti il mito di Orfeo che ammansisce gli animali, destinata, per lo più, ad ornare ambienti termali, ninfei, e comunque luoghi di riposo e di riunione. La notevole qualità della realizzazione, inoltre, lascia pensare che il mosaico sia opera di maestranze non locali al servizio di una committenza elevata.

Il confronto con altri esemplari come quello visibile nella Chiesa di S.Anselmo sull’Aventino a Roma, ne suggeriscono, infine,una datazione intorno agli inizi del II sec. d.C.

Il mosaico si trova attualmente inglobato nelle strutture della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e naturali dell’Università degli Studi di Perugia.

                                                                                                                                        Lucio Benedetti