Studio di Medicina pubblicato da JAMA

11 marzo 2015

Lo studio sulla gestione dei noduli tiroidei, condotto dal dottor Efisio Puxeddu, ricercatore presso la Sezione MISEM (Direttore prof. Geremia B. Bolli) del Dipartimento di Medicina (Direttore prof. Carlo Riccardi) dell’Università degli Studi di Perugia, insieme ad un team di medici di diversi centri italiani – coinvolti quasi mille pazienti (992) -, è stato ora pubblicato da JAMA - The Journal of the American Medical Association -, una tra le riviste mediche più note e diffuse al mondo.


 Lo studio svela cosa succede negli anni ad un nodulo tiroideo.Gran parte della popolazione è interessata a questo aspetto in quanto dal 30 fino al 50% dei soggetti adulti può presentare noduli tiroidei ad un esame ecografico. Un gran numero di noduli sono scoperti “incidentalmente” nel corso di un esame radiologico del collo spesso richiesto per motivi non legati allo studio della ghiandola tiroidea, ad esempio nelle ecografie dei vasi del collo effettuate nell’ambito di protocolli di prevenzione cardiovascolare -. Oltre il 90% dei noduli così casualmente scoperti sono di piccole dimensioni, non danno disturbi,  e sono privi di caratteristiche ecografiche di malignità.Ma quali sono per il paziente i rischi futuri di tale nodulo: ad esempio, qual è il rischio che, pur classificato inizialmente come benigno, esso diventi maligno nel corso degli anni? Lo studio pubblicato da JAMA risponde a queste domande e permette di definire protocolli di sorveglianza efficaci. Durante la ricerca, infatti, ciascun paziente è stato controllato annualmente mediante un esame ecografico del collo al fine di misurare nel tempo il cambiamento dei noduli tiroidei, in assenza di terapia. Il dato più rilevante emerso è che la grande maggioranza dei noduli tiroidei rimane stabile nelle dimensioni nell’arco di 5 anni e che, anzi, una parte di essi va incontro ad una riduzione spontanea del volume.  Inoltre, lo studio ha evidenziato che la possibilità che noduli tiroidei inizialmente diagnosticati come benigni possano trasformarsi in noduli maligni è un evento molto raro, pari a circa lo 0,3% dei casi: ciò può rassicurare i pazienti perché un’eventuale crescita del nodulo nel tempo non rappresenta necessariamente un motivo di allarme. In sintesi, questi risultati rassicurano il gran numero di pazienti con noduli tiroidei. Tali noduli non richiedono alcuna terapia e non richiedono un controllo ecografico frequente: i controlli ecografici possono essere diradati negli anni, e ciò porterà ad un notevole risparmio economico. L’importanza dello studio è stato evidenziato dalla autorevole rivista JAMA con un commento editoriale di risalto sull’impatto che avranno questi risultati sulle attuali linee guida internazionali per la gestione dei noduli tiroidei e con un “lancio” dei risultati anche sulla piattaforma multimediale “JAMA NETWORK” che raggiunge gran parte dei medici statunitensi. Alla ricerca italiana hanno partecipato oltre Perugia anche l’Università di Roma La Sapienza, l’Ospedale di Bentivoglio (Bologna), il Centro di Ricerca ed Epidemiologia Clinica CORE di Pescara, l’Ospedale di Tinchi-Pisticci (Matera), l’Ospedale di San Giovanni Rotondo (Foggia), l’Università Magna Graecia di Catanzaro, l’Università di Catania e l’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo.

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